Tessile, big e start up uniti dallΆeco-progetto europeo

Tessile, big e start up uniti dallΆeco-progetto europeo

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Mentre lΆEuropa si confronta con nuovi muri che si alzano, i principi della sharing economy cercano di abbatterne altri: ci sta provando il progetto Tcbl (Textile and Clothing Business Labs), lanciato nel giugno 2015, che vuole innovare profondamente lΆindustria tessile europea dando vita a un nuovo “ecosistema” con lΆobiettivo, fissato al 2025, di far riprendere la capacità manifatturiera tessile del continente del 5% riducendo insieme del 20% il suo impatto ecologico.

Con base a Prato e finanziato da Horizon 2020 (il Programma quadro europeo per la ricerca e lΆinnovazione), nei Paesi dove oggi è presente (Italia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Grecia, Olanda, Portogallo e Slovenia), Tcbl offre laboratori e incontri con aziende del settore, esperti e istituti specializzati, fra i quali il Ditf tedesco e il Mario Boella di Torino, oltre a una piattaforma aperta con software condivisi e condivisibili, per gestire diverse fasi della produzione, come il modellismo e il rapporto con i fornitori, ma anche strumenti di realtà aumentata e tutorial.

«Siamo entusiasti – dice Jesse Marsh, coordinatore del progetto -: al primo bando di adesione ci aspettavamo una sessantina di richieste, ma ne sono giunte 120. Di questo passo supereremo di certo le 240 realtà associate che avevamo previsto entro il 2019.»

Del network fanno parte “big”(come il Lanificio Paoletti) e start up (Orange Fiber), aziende di e-commerce, altre specializzate in riciclo o nanotecnologie: lΆimpegno che si chiede loro è di aderire ai sette principi di Tcbl per una produzione “etica”, cioè curiosità, fattibilità, durabilità, molteplicità, openness, rispetto e responsabilità.

«Per noi la ripresa della capacità produttiva è anche una macchina da cucire rimessa in funzione, una fabbrica che riapre, la riscoperta di un territorio di eccellenze – spiega Marsh –. I nostri associati sono molto interessati allΆinnovazione, ne sentono lΆurgenza, e non solo le giovani aziende, ma anche imprese dalla lunga storia: per esempio alla Thrakika Ekkokistiria, al confine fra Grecia e Bulgaria, la nuova generazione sta lavorando sul cotone biologico, mentre ha sede nello Yorkshire il lanificio A W Hainsworth & Sons, fondato nel 1783, celebre per la sua lana rossa, che realizzò le divise per la battaglia di Waterloo e produce le giacche delle guardie reali britanniche»

Sorprese anche dal sud Italia, aggiunge Marsh: «A Palermo abbiamo trovato un sarto che accoglie i clienti nel suo atelier ma gli fa anche visitare la città, con assaggi delle specialità gastronomiche locali, e in Calabria, a San Floro, i ragazzi della cooperativa Nido di seta hanno recuperato antichi metodi della lavorazione del tessuto, che hanno portato alla nostra conferenza a Huddersfield, una delle più importanti città tessili britanniche. Anche tutto questo per noi è innovazione».

La capacità di far propri i principi più avanzati dellΆeconomia digitale ha decretato il successo di Tcbl, che nel prossimo futuro entrerà pure in Spagna, Romania e Bulgaria. «Il tessile è un settore certamente in crisi – prosegue il coordinatore –. LΆinnovazione esiste, ma limitata alle dimensioni di nicchia. Noi vogliamo farla emergere, per dar vita a un nuovo sistema di produzione». Per Marsh, tuttavia, la prima causa della crisi del tessile made in Europe è culturale: «Abbiamo perso il contatto con i materiali, la loro conoscenza. Oggi nella moda il marketing predomina sulla sostanza. Ma il consumatore sta iniziando finalmente a cambiare, a rifiutare certi diktat». CΆè molta strada da fare, ma progetti come Tcbl contribuiscono certamente ad abbreviare il percorso.

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